Le Torri di Bologna

 

Veduta delle due torri, incisione in rame del 1767
Le torri Artenisi e Riccadonna, abbattute nel 1917-18

Le torri di Bologna, strutture con funzione sia militare sia gentilizia di origine medioevale, sono uno dei tratti più caratteristici della città.

Tra il XII ed il XIII secolo il numero delle torri innalzate nella città era molto grande: in passato si è parlato addirittura di 180, ma si tratta di una sovrastima, nata da un'errata interpretazione degli antichi testi notarili.

Le ragioni per cui vennero innalzate tante torri non sono ancora chiare, ma si pensa che le famiglie più ricche, nel periodo di lotta per le investiture filo-imperiali e filo-papali, le utilizzassero come strumento di offesa e/o di difesa e come simbolo di potere.

Una destinazione prevalentemente abitativa (ma allo stesso tempo difensiva) ebbero invece le cosiddette case-torri, di altezza mediamente più ridotta, dotate di più aperture, di una pianta spesso rettangolare e di mura meno spesse.

Oltre alle torri e alle case-torri, sono ancora visibili alcuni "torresotti", fortificazioni innalzate in corrispondenza delle porte della seconda cerchia di mura del XII secolo (mura dei Torresotti o dei Mille), che fu quasi completamente abbattuta.

Nel corso del XIII secolo molte torri furono mozzate o demolite, altre crollarono. In epoche successive furono utilizzate in diversi modi: carceri, torri civiche, negozi, abitazioni. Le ultime demolizioni avvennero nel XX secolo insieme alla cerchia di mura del XIII secolo, secondo un ambizioso e - con gli occhi di oggi - sciagurato piano di ristrutturazione urbanistica (le torri Artenisi e Riccadonna, che sorgevano nel "Mercato di mezzo" nei pressi dell'Asinelli e della Garisenda, furono abbattute nel 1917).

Recentemente si sono aggiunte le "torri" del distretto fieristico (quartiere San Donato) dell'architetto giapponese Kenzo Tange che richiamano in chiave moderna la tradizione architettonica della città.



Il numero delle torri  

Si è molto dibattuto negli anni sul numero di torri che dovevano affollare Bologna nell'antichità, prima delle demolizioni e delle mozzature per evitare il crollo di costruzioni pericolanti. Il primo a occuparsi in maniera accurata delle torri bolognesi fu il Conte Giovanni Gozzadini, senatore del Regno d'Italia, che nel XIX secolo si occupò estesamente della storia cittadina, anche per dare lustro alla propria città nel contesto dell'Italia unita.

Il Gozzadini condusse la sua ricerca basandosi soprattutto sugli archivi cittadini relativi ai documenti di compravendita, cercando di ricostruire un elenco attendibile di torri in base ai passaggi di mano delle stesse. Dal suo conteggio emerse lo strabiliante numero di 180 torri, un'enormità per le dimensioni e le risorse della Bologna medievale.

Studi più recenti hanno evidenziato come la metodica del Gozzadini portasse a contare erroneamente più di una volta la stessa torre, dato che la stessa costruzione, negli atti notarili, poteva essere citata nel tempo con nomi diversi, a seconda della famiglia che ne deteneva il possesso al momento. Stime più recenti porterebbero il computo delle torri a 80-100 al massimo, e non tutte esistite contemporaneamente.

Delle numerosissime torri presenti in antichità oggi se ne sono salvate meno di venti. Fra le torri superstiti si possono citare la Torre Azzoguidi, detta Altabella (61 metri di altezza), la Torre Prendiparte, dettaCoronata (59,50 m), le torri Scappi (39 m), Uguzzoni (32 m), GuidozagniGalluzzi e le note "due torri" Asinelli (97 m) e Garisenda (48 m).

 La costruzione delle torri 


Torre Prendiparte

Torre Azzoguidi

La costruzione delle torri era molto onerosa, nonostante l'utilizzo di servi della gleba. La pianta della torre era quadrata con fondazioni profonde dai cinque ai dieci metri, consolidate con pali conficcati nel terreno ricoperti di ciottoli e calce. La base della torre veniva poi costruita con grossi blocchi di selenite ed il resto della costruzione veniva innalzato con muri via via più sottili e leggeri procedendo verso l'alto, realizzati in muratura "a sacco", ovvero con un muro interno molto spesso ed uno esterno più sottile: la cavità veniva poi riempita con pietre e malta.

Si lasciavano in genere nei muri esterni dei fori per il sostegno delle impalcature ed anche dei grandi incavi in selenite per rivestimenti e costruzioni aeree successive, generalmente in legno.

La costruzione di una torre alta 60 metri, a titolo di esempio, richiedeva da un minimo di 3 a un massimo di 10 anni di lavori.

 

 Le due torri [modifica]

Le scale interne della Torre degli Asinelli
Veduta della Piazza Ravegnana, a partire della sommità della Torre degli Asinelli

Le due torri (simbolo della città), entrambe pendenti, sono situate all'incrocio tra le vie che portavano alle cinque porte dell'antica cerchia di mura "dei torresotti".

Le torri di Bologna nella letteratura

La più pendente delle due torri, la Garisenda, fu citata più volte da Dante, nella Divina Commedia e nelle Rime, a riprova del suo soggiorno a Bologna.

Qual pare a riguardar la Garisenda
sotto 'l chinato, quando un nuvol vada
sovr'essa sí, che ella incontro penda;
tal parve Anteo a me che stava a bada
di vederlo chinare ...
(Dante AlighieriDivina Commedia, Inferno, XXXI, 136-140)

 

Non mi poriano già mai fare ammenda
del lor gran fallo gli occhi miei, sed elli
non s'accecasser, poi la Garisenda
torre miraro cò risguardi belli,
e non conobber quella (mal lor prenda)
ch'è la maggior de la qual si favelli...
(Dante Alighieri, Rime, VIII)


Le due torri furono anche oggetto della omonima poesia di Giosuè Carduccicontenuta nelle Odi Barbare.


I nomi di Asinelli (la maggiore) e Garisenda (la minore) derivano dalle famiglie a cui tradizionalmente se ne attribuisce la costruzione, fra il 1109 ed il 1119. In realtà la scarsezza di documenti risalenti ad epoche così remote rende meno certa l'origine delle torri: per quello che riguarda la famiglia degli Asinelli, ad esempio, vengono citati in associazione alla famosa torre per la prima volta solo nel 1185, quasi settant'anni dopo la data presunta di costruzione.

Si ritiene che l'Asinelli inizialmente fosse alta una sessantina di metri e che solo successivamente sia stata sopraelevata agli attuali 97,2 m (con uno strapiombo di 2,2 m). Il Comune ne divenne il proprietario nel XIV secolo e la utilizzò come prigione e fortilizio. Negli stessi anni intorno alla torre fu realizzata una costruzione in legno, posta a trenta metri da terra e unita con una passerella aerea (distrutta da un incendio nel 1398) alla Garisenda. Si dice che la costruzione fosse voluta da Giovanni Visconti, Duca di Milano, per tenere meglio d'occhio il turbolento Mercato di Mezzo (oggi via Rizzoli) e poter sedare per tempo eventuali rivolte. All'epoca i Viscontiavevano preso il potere in Bologna in seguito alla decadenza della Signoria dei Pepoli, e quindi erano invisi alla popolazione.

Gravi danni alla torre furono arrecati da fulmini che spesso causavano incendi o piccoli crolli, e solo nel 1824 fu installato un parafulmine. Sono documentati almeno due gravi incendi a cui la torre è sopravvissuta: il primo nel 1185 (doloso) e il secondo non doloso nel già citato 1398.

Gli scienziati Giovanni Battista Riccioli (nel 1640) e Giovanni Battista Guglielmini (nel secolo successivo) utilizzarono la torre per esperimenti sul moto dei gravi e sulla rotazione della terra.

In epoca più recente sulla Asinelli fu addirittura installato un ripetitore televisivo della RAI. Durante la seconda guerra mondiale, tra il 1943 e il 1945, la torre fu utilizzata con funzioni di avvistamento: quattro volontari si appostavano in cima alla torre durante i bombardamenti al fine di indir