San Petronio

Petronio (... – Bologna450) è stato un vescovo italiano. Guidò la Diocesi di Bologna dal 431 al 450 circa.

Petronio è attestato in forma documentata come ottavo vescovo di Bologna nell'Elenco Renano, un'antica lista dei vescovi bolognesi[1]. In base a considerazioni storiche, il suo episcopato va collocato tra il 431 e il 449 (o 450).

La reale esistenza del personaggio è suffragata da due testimonianze a lui coeve: Eucherio di Lione lo cita in una lettera come esempio di persona che aveva abbandonato una posizione sociale molto elevata per entrare nell'ordine sacerdotale; Gennadio di Marsiglia descrive Petronio, vescovo di Bologna, uomo di santa vita ed esercitato fin dall'adolescenza negli studi dei monaci (vir sanctæ vitæ et monachorum studiis ab adolescentia exercitatus); inoltre ricorda sotto il suo nome il trattato De ordinatione episcopi pieno di ratione (razionalità) e dihumanitate (cultura), forse da attribuire all'omonimo genitore, un Petronio che si sapeva uomo erudito e che svolgeva il ruolo di prefetto del pretorio in Gallia (402-408).

Da questo si possono dedurre alcune considerazioni biografiche: Petronio doveva appartenere ad una famiglia consolare (non si può escludere un legame con Bologna dove una gens Petronia è conosciuta nel II secolo d.C.); crebbe nella Gallia romana e in gioventù coltivò studi monastici, verosimilmente nell'ambito del monastero di Lerino; lasciò le prospettive di carriera politica e amministrativa che gli potevano competere per appartenenza sociale e intraprese la via del sacerdozio che lo condusse alla dignità episcopale, forse attraverso una permanenza a Milano in contatto con Ambrogio[2].

 

La leggenda agiografica

 
 
Dipinto di Ubaldo Gandolfi raffigurante San Petronio in estasi

Nessun'altra menzione di Petronio esiste fino al rinvenimento delle spoglie del Santo, avvenuto il 4 ottobre 1141, quando i monaci benedettini di Santo Stefano e il vescovo Enrico effettuarono una ricognizione nel monastero e rinvennero la sua tomba, nella quale, oltre ai resti del vescovo, trovarono reliquie di notevole importanza.

Nella seconda metà del XII secolo (circa il 1180) fu subito redatta in ambito benedettino una Vita in latino che contiene queste vicende biografiche, da considerarsi totalmente leggendarie e che tuttavia sono alla base della devozione e dell'iconografia petroniana: Petronio, di origine greca, è il cognato dell'imperatore Teodosio II, nonché esattore delle pubbliche imposte per l'impero; viene inviato a Roma presso il pontefice Celestino I in occasione della disputa su un'eresia; trovandosi a Roma ambasciatori bolognesi per chiedere al Papa un nuovo vescovo, Celestino sceglie Petronio, secondo un suggerimento avuto in sogno da San Pietro; Petronio arriva a Bologna e la trova in condizioni disastrate a causa delle invasioni barbariche; avvia una campagna di ricostruzione della città e in particolare del complesso di Santo Stefano (Sancta Hierusalem); effettua un viaggio a Costantinopoli da cui ritorna portando numerose reliquie; viene sepolto nella Sancta Hierusalem da lui edificata.

Nella Vita scritta in volgare alla fine del XIII secolo si aggiungono altri elementi narrativi fondamentali, strettamente legati con le vicende politiche bolognesi del tempo: Petronio, quando era già vescovo di Bologna, avrebbe compiuto un viaggio a Gerusalemme dove avrebbe recuperato molte reliquie; nel viaggio di ritorno, passando da Costantinopoli, avrebbe ottenuto da Teodosio II numerosi benefici per la sua città: l'ampliamento del circuito murario, la garanzia della perpetua autonomia civica, la protezione imperiale contro ogni forma di tirannia straniera, la concessione dello Studium, ovvero dell'Università. In questa seconda Vita è evidente la progressiva politicizzazione del Santo, che è ormai assurto al ruolo di ricostruttore della città, di vindice della sua libertà e di promotore dello Studium, la più importante istituzione culturale della Bologna medievale.

Santo patrono cittadino

La statua di San Petronio in Piazza di Porta Ravegnana, Bologna.

A metà del XIII secolo (presumibilmente nel 1253) il libero Comune di Bologna decise di elevare Petronio alla dignità di principale patrono della città (in sostituzione di San Pietro, che incarnava il potere temporale dei papi).

Nel 1388 decise di innalzare in Piazza Maggiore la grande basilica a lui intitolata (la costruzione iniziò nel 1390 su progetto dell’architetto Antonio di Vincenzo). Qui fu traslato il capo del Santo per volere di papa Benedetto XIV (il concittadino Prospero Lambertini), che accettò la richiesta dei canonici di San Petronio. Solo nel 2000 anche il resto del corpo del patrono è stato traslato in San Petronio. La ricostruzione della città nella sua consistenza fisica oltre che spirituale è ben simboleggiata dalle croci che Petronio avrebbe posto ai margini della nuova città murata in funzione apotropaica: le quattro croci a lui attribuite sono tuttora conservate, nei rifacimenti successivi, nella basilica di San Petronio.

Nell'iconografia tradizionale Petronio viene raffigurato in vesti episcopali ed in età matura, seguendo l'immagine del vescovo con barba bianca e di aspetto saggio e paterno (San BiagioSan Nicola ecc.): viene contraddistinto dalla presenza di un modellino della città di Bologna in mano, ai suoi piedi o sorretto da angeli. Le raffigurazioni artistiche di Petronio sono essenzialmente limitate alla città di Bologna; le più note sono: una statuetta in marmo, opera giovanile di Michelangelo Buonarroti nel sepolcro di San Domenico (Basilica di San Domenico); una tempera su tavola di Simone dei Crocifissi (sec. XIV) nel Museo di San Petronio; il ciclo ad affresco di Giovanni da Modena (inizi del sec. XV) con Storie della sua vita nella cappella Bolognini della Basilica di San Petronio.

Il 4 ottobre 2001 la statua di San Petronio, realizzata nel 1683 dallo scultore Gabriele Brunelli per l'Arte dei Drappieri, è stata ricollocata in piazza di Porta Ravegnana, davanti alle due torri: era stata rimossa da questa collocazione originaria nel 1871 e a lungo custodita in una cappella della basilica di piazza Maggiore.

Note

  1. ^ L'originale è andato perduto, ne esiste solo una copia trecentesca che comunque è considerata dagli studiosi assolutamente attendibile.
  2. ^ Bologna era allora diocesi suffraganea di Milano.

Bibliografia

  • Alba Maria Orselli, Spirito cittadino e temi politico-culturali nel culto di san Petronio, in La coscienza cittadina nei comuni italiani del Duecento, Atti del convegno di studi presso l'Accademia Tudertina (Todi, 11-14 ottobre 1970), Todi 1972, pp. 283-343
  • Enzo Lodi, Il culto di san Petronio nella tradizione liturgica e popolare bolognese dei secoli XVIII e XVIII, in Una Basilica per una citta: sei secoli in San Petronio. Atti del Convegno di studi per il Sesto Centenario di fondazione della Basilica di San Petronio 1390-1990, Bologna 1994, pp. 159-168
  • Antonio Ivan Pini, Un'agiografia militante: san Procolo, san Petronio e il patronato civico di Bologna medievale, in "Atti e memorie", XLIX (1998), pp. 246-279
  • Enzo Lodi, San Petronio. Patrono della città e diocesi di Bologna, Bologna 2000.
  • Petronio e Bologna. Il volto di una storia. Arte, storia e culto del Santo Patrono. Catalogo della mostra (Bologna, Palazzo di Re Enzo e del Podestà, 24 novembre 2001 - 24 febbraio 2002) a cura di Beatrice Buscaroli e Roberto Sernicola. Edisai, Ferrara 2001.
  • Francisco Giordano, Marco Poli, La statua di s. Petronio in piazza Ravegnana, 2001, Edizioni Costa, Bologna.
  • Elio Melli, Sull'attribuzione di due sermoni a san Petronio; la documentazione storica dopo il V secolo, in "Atti e memorie", LIII (2002), pp. 59-68
  • Mario Fanti, Petronio! Chi era costui?, in "Strenna storica bolognese" , LVII (2007), pp. 115-136
  • Massimo Giansante, Petronio e gli altri: culti civici e culti corporativi a Bologna in eta comunale, in L'eredità culturale di Gina Fasoli, Atti del convegno di studi per il centenario della nascita (Bologna-Bassano del Grappa 24-25-26 novembre 2005), pp. 357-377
  • Vita di san Petronio, a cura di Maria Corti; con saggio introduttivo di Benvenuto Terracini. Bologna, Commissione per i testi di lingua. Bologna 1962.