Pier Crescenzio, scrittore, giureconsulto (1240 circa-1320)
Pietro de' Crescenzi noto anche come Pier Crescenzio (Bologna, 1233 – 1320) è stato uno scrittore e agronomo italiano. Studioso di filosofia, di medicina, di scienze naturali, di giurisprudenza, è considerato il maggiore agronomo del Medioevo occidentale.
Teorizzò nel Ruralium Commodorum libri XII (subito volgarizzato in toscano) tecniche agronomiche e di coltivazione dei giardini, la cui applicazione determinerà elementi caratteristici del paesaggio agrario moderno in Italia. Previde norme per i giardini "dei re e dei signori", ma anche "delle persone mezzane", i primi cinti di mura, con fontana e "selva d'alberi"; i secondo cinti di siepi, alberi da frutto, ma non privi di una "pergola ombrosa". Il testo fu uno dei pochissimi testi di agronomia a vedere la luce nel periodo medievale. Tra la composizione dell’ultima grande opera agronomica della latinità, la monumentale enciclopedia di Plinio, e le prime espressioni dell’agronomia della Rinascenza, trascorsero infatti milletrecento anni durante i quali furono pubblicati solo tre testi: uno in greco, la Geoponica, compilazione mediocre attribuita (almeno per il suo nucleo centrale) a Cassiano Basso; uno in arabo, il Libro dell’agricoltura dell’arabo Abū Zakariyā ibn al-Awwām, uno dei capolavori dell’agronomia di tutti i tempi; e, appunto, il Ruralium Commodorum libri XII del Crescenzi (Trattato dell'Agricoltura), del 1304, scritto in lingua latina.
Calendario di agricoltura di Pietro de' Crescenzi, da un manoscritto del XV secolo
Crescenzi studiò filosofia e scienze all'Università di Bologna già celebre in quei tempi. Si laureò in diritto sotto il celebre Azzone Soldanus. Crescenzi è giudice bolognese al tempo di Dante. Come tutti i dottori in diritto laureati a Bologna gode di vaste possibilità di impiego, siccome come podestà le città italiane preferiscono un giudice estraneo, libero da legami locali che ne minaccino l’imparzialità. Crescenzi è giudice in città diverse, viaggiando conosce l’agricoltura delle regioni d’Italia, che, ritiratosi in pensione, descrive in un’opera di cospicuo volume, la summa agronomica del medioevo latino. Nella vastità del disegno sono comprese tutte le colture principali, cereali e leguminose, ortaggi, frutti e vite, precetti per la manipolazione delle derrate, l’elenco delle proprietà medicinali di ogni pianta, l’opera si chiude con consigli per la caccia e l’uccellagione. Unica opera agronomica del Medioevo, il Liber conobbe immensa diffusione. Le più autorevoli fonti che hanno eseguito il computo hanno contato 12 incunaboli e edizioni latine, 18 edizioni italiane precedenti l’Ottocento, 12 tedesche, 15 francesi, una inglese. Nonostante il successo delle edizioni, sul valore dell’opera il giudizio è controverso: critici autorevoli rilevano che Crescenzi manca di spirito sperimentale, più che descrivere fenomeni rilevati personalmente costruisce un universo di concetti obbedienti ai canoni di un aristotelismo ormai privo di vitalità. Dalla nascita dell’agricoltura moderna l’opera si è eclissata, infatti, dalla cultura agronomica, dall’Ottocento al successo editoriale si è sostituito l’oblio. Se un agronomo poteva trovare, nell’Ottocento, e può trovare, ancora oggi, suggerimenti vitali leggendo il latino Columella, o l’arabo ibn al Awwam, è difficile possa reperire suggestioni significative nell’Opus del giudice bolognese, di cui cerca di rinverdire la fama, faticosamente, qualche letterato o qualche cultore di curiosità aristoteliche. Tra i capitoli di questa opera ve ne sono che trattano Dei pozzi e fonti da fare, e come l'acqua si trovi e si provi[1]; Delle piante[2]; Dell'Ulivo[3] . Il valore dell'opera di Crescenzi nella storia della scienza è stato ed è oggetto di una lunga controversia. Vittorio Niccoli e Luigi Savastano hanno proclamato che un autore trascritto in manoscritti famosi e riprodotto in decine di incunaboli dovesse essere considerato un grande scienziato, lamentando come ingiusto l'oblio cui hanno condannato Crescenzi tutti gli agronomi moderni, inglesi, tedeschi e francesi, una tesi ripresa da qualche storico moderno di formazione letteraria. Ha spiegato il giudizio dei grandi agronomi moderni che hanno ignorato Crescenzi Antonio Saltini, che attraverso il puntiglioso confronto con un autore arabo praticamente contemporaneo, Ibn al Awwam, ha dimostrato che in tutte le sfere in cui l'autore di Siviglia perviene, attraverso l'osservazione naturalistica, a straordinarie anticipazioni delle conquiste delle scienze moderne (pedologia, fisiologia vegetale, patologia veterinaria) Pier de Crescenzi ripete vuote formule peripatetiche, dimostrando, per le parti che gli risultano note, di trascrivere persino le nozioni di Columella senza percepire i problemi biologici lucidamente intuiti dall'agronomo iberico, legittimo precursore del compatriota arabo.Biografia [modifica]
Controversie sul valore dell'opera [modifica]
Edizioni delle sue opere [modifica]
Incunaboli [modifica]
Cinquecentine [modifica]
Traduzioni [modifica]
Bibliografia [modifica]
Note [modifica]
Collegamenti esterni [modifica]