La tragedia del Salvemini

La mattina del 6 dicembre 1990 un aviogetto da addestramento Aermacchi MB 326, partito dall'aeroporto di Villafranca di Verona, perse il controllo sopra il centro abitato di Casalecchio di Reno.

Il pilota, il tenente Bruno Viviani, resosi conto che l'aereo era ormai ingovernabile, attivò il dispositivo di espulsione di emergenza e l'aereo si abbatté su di una scuola, la succursale dell'Istituto Tecnico "Salvemini".

L'aereo colpì la classe 2ª A: rimasero uccisi dodici studenti di 15 anni. L'insegnante ed altri quattro studenti di quella classe rimasero gravemente feriti.
Oltre ai dodici morti, ci furono 88 ricoveri, e 72 feriti riportarono lesioni d' invalidità permanente tra il 5 e l'85 per cento.

Il carburante fuoriuscito dall'aereo prese fuoco ed incendiò la scuola che dopo questo tragico incidente venne riedificata come "Casa della Solidarietà" per ospitare le associazioni di volontariato locali e per la sede della Protezione Civile e della Pubblica Assistenza.

Nell'inchiesta che seguì furono avanzate diverse ipotesi nel tentativo di stabilire la causa dell' incidente: si parlò di un guasto meccanico o di un malore al pilota e alla fine la causa venne identificata in un guasto tecnico, già riscontrato prima del passaggio sulla città di Ferrara; questa scoperta suscitò l'obiezione che in seguito al guasto, il pilota avrebbe dovuto puntare verso il mare o azzardare un atterraggio di fortuna a Ferrara.
Questo tragico incidente sollevò anche una polemica sull'opportunità di impedire ai velivoli militari di volare sui centri abitati, che però non si è mai conclusa con una delibera in merito.

Il pilota Tenente Bruno Vivani, il suo superiore Comandante Eugenio Brega e l'ufficiale della torre di controllo di Villafranca Colonnello Roberto Corsini subirono un processo e vennero difesi dall'Avvocatura di Stato.
Questo fatto accese forti polemiche da parte dell'Associazione studenti ed ex-studenti del Salvemini per il fatto che, nonostante anche le vittime dell'incidente fossero state causate in una scuola di proprietà dello Stato, il Ministero della Pubblica Istruzione non fece richiesta per ottenere lo stesso trattamento pretendendo una difesa dall'Avvocatura di Stato anche per le vittime.

In giudizio di primo grado i tre imputati furono condannati per disastro aviatorio colposo e lesioni, e al Ministero della Difesa furono imputati i danni per responsabilità civile.
Con la sentenza di secondo grado, la Corte d'Appello di Bologna modificò la sentenza ed assolse i militari.

Il 26 gennaio 1998 la 4ª Sezione della Corte di Cassazione di Roma rifiutò gli ultimi ricorsi dei familiari delle vittime confermando l'assoluzione per tutti in quanto, trattandosi di un tragico incidente, il fatto non poteva costituire reato.

Nel 2006 è stato realizzato un libro con DVD di Giuliano Bugani che raccoglie la storia e le testimonianze di questo tragico e dolorosissimo avvenimento che ha segnato la storia di Casalecchio.
Il titolo di questo documento è "I ragazzi del Salvemini" ed il ricavato del DVD è stato destinato all'Associazione Vittime del Salvemini.

 

La tragedia del Salvemini

Un aereo, lo schianto e dodici povere vittime

di VALERIO VARESI
La morte arriva dal cielo improvvisa, fulminea, lacerante. Spazza via in un secondo dodici vite e ferisce 94 persone con un urto devastante e col fuoco. Alle 10,35 del sei dicembre 1990 la seconda A dell’istituto tecnico commerciale “Salvemini” di Casalecchio sta ascoltando una lezione di tedesco della professoressa Cristina Germani. I ragazzi non sanno che un altro ragazzo un po’ più anziano di loro e con la divisa dell’Aeronautica, il tenente Bruno Viviani, partito dall’aeroporto militare di Villafranca, ha appena comunicato alla base militare l’intenzione di buttarsi col paracadute dopo che il suo «Macchi 326» è diventato ingovernabile e ha preso fuoco. Ignari seguono la lezione mentre fuori il cielo è rigato da una scia di fumo e poco più in là un puntino azzurro scende rapidamente a terra fino a toccare il suolo sulle sponde del Reno. Pochi istanti e il malefico gioco di dadi del caso fa sì che l’aereo si schianti come un colpo di cannone contro la parete della scuola schiantandola ed entrando col suo carico di morte nell’aula della seconda A. Duecentottanta studenti, 28 professori e 4 bidelli sentono il botto, il tremore delle pareti, il fuoco e le urla. Frammenti dell’aereo schizzano lontano tra le case e i capannoni vicino al «Salvemini» richiamando tutti fuori in una drammatica all’erta. Alcuni pezzi schizzano persino sulla vicina via Emilia. 

Rachel Gasser, insegnante di francese, racconta una scena che si ripeterà drammaticamente nel settembre del 2001 migliaia di chilometri oltre l’oceano Atlantico con lo schianto degli aerei contro le torri di Manhattan. «Ho visto il muso dell’aereo puntarci addosso che si avvicinava sempre più. Ho detto: che fa quello? È matto?». Sotto quell’aereo resteranno 12 corpi carbonizzati, mentre altri ragazzi e parte del personale della scuola porteranno per sempre sul corpo il prezzo pagato per la salvezza ottenuta scampando al fuoco, buttandosi dalle finestre, ferendosi per lo scoppio o con un’intossicazione da fumo. Alla fine, sopravviveranno solo quattro studenti di sedici che componevano la seconda A in quella che è senza dubbio la tragedia più grave nella storia dell’Aeronautica in Italia. Il processo che ne seguì a carico del pilota e dei suoi superiori, finì beffardamente con una assoluzione che equiparò il tutto a un incidente. L’accusa sostenne che Viviani e il comando militare di Villafranca, avevano delle responsabilità in quanto, dopo la constatazione del guasto all’aereo, tentarono di atterrare al «Marconi» portando a terra il velivolo anziché puntare nella direzione opposta alla città evitando così drammatiche conseguenze. La manovra di avvicinamento all’aeroporto di Borgo Panigale determinò, invece, il drammatico epilogo. 

Tratto da Repubblica.it edizione di Bologna